Introduzione al rilevamento dei raggi X

Gli oggetti del cielo emettono luce - o meglio, radiazione elettromagnetica - che deve essere rilevata dagli astronomi se si vuole dedurre informazioni sui corpi celesti. La situazione per la parte visibile dello spettro è più o meno risaputa: fotoni dall'energia moderata (1eV) attraversano lo spazio per essere intercettati dal nostro occhio che traduce il loro numero complessivo in intensità di segnale e la frequenza in un colore specifico (dal rosso al blu-viola).

Spettro elettromagnetico

Source: http://www2.lbl.gov/MicroWorlds/ALSTool/EMSpec/EMSpec2.html ⬀.

In ogni caso lo spettro elettromagnetico è ampio ed i raggi X rappresentano una delle regioni più periferiche ed energetiche: la lunghezza d'onda dei fotoni X si misura in nanometri e l'energia è di ~1keV, dunque mille volte più energetici dei fotoni nell'area del visibile. Per fortuna nostra, i raggi X non giungono a terra perchè assorbiti o dispersi dall'atmosfera terrestre - ovviamente questa protezione rende possibile il rilevamento solo fuori dall'atmosfera.

Un'altra differenza notevole rispetto ai fotoni del visibile è che quelli X ci arrivano più rarefatti; se immaginiamo la luce visibile come l'acqua che scorre da un rubinetto aperto, la radiazione X potrebbe essere analoga al rubinetto chiuso che sgocciola. Essendo più energetico, un fotone X sarà facile da notare e conteggiarlo non sarà complicato; d'altra parte potrebbe essere difficile avere una descrizione precisa della sorgente se non avessimo a disposizione "raccoglitori" abbastanza ampi e tempi di posa sufficientemente lunghi. Immaginiamo di osservare una lampada che emetta fotoni di diversi colori nel tempo, un po' per volta: prima un fotone rosso, poi blu, poi giallo, poi rosso, poi verde... Sarebbe necessario del tempo per capire che la sorgente è bianca. Anche l'informazione posizionale potrebbe essere difficile da ottenere: nel caso un corpo orbiti attorno ad un altro avremo bisogno di un buon numero di fotoni in un determinato lasso di tempo per capire la dinamica dei due corpi.

A questo punto sembra chiaro: per individuare i raggi X pare sufficiente un telescopio bello largo (per raccogliere molti fotoni), con un rilevatore abbastanza veloce e preciso, e... ovviamente un satellite per mandare nello spazio lo strumento.

Più o meno. Purtroppo questo telescopio non potrà essere uno di quelli tradizionali - con gli specchi che riflettono i raggi nel fuoco o le lenti che fanno convergere i raggi - perchè in effetti i fotoni X, con quella lunghezza d'onda così piccola, attraversano i materiali. Ops. Già, i raggi X sono gli stessi che si usano per fare le radiografie mediche. ;-)

Il fatto che i raggi X passino attraverso la materia è una spina nel fianco di chi li vuole rilevare, non solo perchè è difficile deviare i raggi, ma anche perchè è necessario schermare i rilevatori da tutte le radiazioni che non siano esattamente quelle che vogliamo tracciare (nella pratica si proteggono i rilevatori con delle scatole costruite con metalli pesanti, come il piombo, aperte solo dal lato in cui si vuole osservare).

Il primo approccio per captare la radiazione X fu di avere dei semplici contatori proporzionali, cioè dei rilevatori che conteggiavano i fotoni senza usare altri trucchi. Un contatore di questo tipo è un rilevatore a gas (gaseous detector), cioè un tubo pieno di gas sottoposto ad una differenza di potenziale. Quando una radiazione X (molto ionizzante perchè molto energetica) si degna di attraversare il tubo vengono generati elettroni e ioni che migrano verso gli elettrodi a causa del campo elettrico, vengono conteggiati, e forniscono una misura dell'intensità del segnale. Il processo può essere leggermentei più complicato di così (per esempio ci possono essere effetti a cascata che aumentano proporzionalmente il numero di elettroni iniziali) ma grosso modo ci siamo.

I contatori proporzionali sono stati usati in diverse missioni spaziali fra cui EXOSAT (1983), Tenma (1983) e Beppo-SAX (1996) e hanno permesso di scoprire fenomeni ad energie esagerate (oltre i 100keV)!

Notare che mentre gli italiani chiamavano Beppo-SAX il loro Satellite per l'Astronomia X in onore di Giuseppe "Beppo" Occhialini, mentre l'ESA - in uno slancio di fantasia senza pari - usava l'acronimo di European X-Ray Observatory Satellite, i giapponesi chiamavano il loro satellite Tenma, Pegasus, come uno dei protagonisti dei Cavalieri dello Zodiaco (il predecessore di Seiya, per capirci).

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Altri riferimenti

2016-01-20